Federcaccia Milano

Caro Collega,
poche righe- che vorrebbero avere l’immediatezza dello scritto- per ritrovarci insieme in questa nuova iniziativa della Federazione di Milano e Monza e Brianza. Un incontro, a cui il computer dà l’immediatezza della comunicazione ma toglie il calore delle parole, che vuol significare la volontà della FIDC di essere presente, com’è nella sua tradizione e nella sua attualità, su tutti i problemi che riguardano la pratica e la programmazione venatoria.
La nostra storia è antica e ricca di suggestioni, la realtà non è facile e l’avvenire della caccia è una porta di cui il passato della nostra associazione ne è la chiave. Ecco perché non vogliamo perdere la memoria, rimanere consci dell’attualità e programmare il domani. L’iniziativa- le pagine di questo nostro diario – è aperta a suggerimenti e contributi in scritti, esperienze, consigli, vicende della nostra vita, comunicazioni degli uffici ed aggiornamenti per leggi ed iniziative. E’, insomma, un libro scritto giorno per giorno e tu sei chiamato a farlo importante.
In attesa, anche a nome del Consiglio Ti saluto caramente come al solito.
Rodolfo Grassi

La caccia nel Milanese ha il fascino della storia e le incertezze dell’attualità, la crudeltà del ricordo e l’anima della gente. E’un lungo diario scritto da noi ed avanza fra realtà e progetti affidandosi a starne provvisorie e fagiani di stagione conquistando anno dopo anno il traguardo della continuità. Vuol seguitare a vincere, con la Federazione Italiana (FIDC) , quella sfida che tempi e circostanze avverse continuano ad imporle dando al confronto nella natura il significato di verità.
Merito della coerenza delle “sue” genti, abituate ad esser prime perchè capaci di risollevarsi da calunnie e inganni mai commessi. Fu così fin da quei giorni lontani quando i Celti, sbaragliato l’esercito etrusco, conquistarono la pianura padana realizzando il desiderio di una terra promessa.
Avevano lance e pesanti spade, cani feroci per abbattere cinghiali e cavalli leggeri per inseguir lepri o correre sulle piste di cervi e caprioli.
Prima di cercar selvatici facevano riti propiziatori agli dei Cerunni, divinità che proteggevano cani, cacciatori e selvaggina a conferma che ogni cattura era necessità di vita e dono del Cielo. Un concetto prepotentemente radicato ancor oggi tantochè il Club del Beccaccino, il più qualificato sodalizio venatorio in Italia e sorto per iniziativa di uomini-Federcaccia fa riferimento alla “Madonna del beccaccino” e la sezione provinciale FIDC alla Preghiera del Cacciatore voluta proprio dai Federcacciatori milanesi e che reca l’imprimatur – significa nel parlar laico, il passaporto dell’autorità ecclesiastica per essere ammessa come invocazione di culto- del Cardinal Carlo Maria Martini.
A Franchi (i terreni di caccia riservati erano detti “zone franche”- e Manzoni ricorda in Ermengarda Carlo Magno a caccia nell’Abbiatense) e Longobardi che si attestarono a Pavia seguirono altri popoli fino agli eserciti del germanico Federico Barbarossa contro cui ebbe vita la Lega lombarda simboleggiata nel Carroccio. Poi i secoli delle Signorie, dai Visconti agli Sforza e su tutto e tutti il fascino di Leonardo e quel suo modo di guardare al mondo degli animali e significativamente degli uccelli catturandone un po’ della magia del volo.
E dopo di lui tanti altri mentre i secoli si consumavano nelle vicende dei cacciatori e delle genti sempre in guerra fra loro per…imporre ad altri la pace.

QUANDO CATTURI MEZZA LEPRE

Il galateo del perfetto cacciatore. Consuetudini ed usi che hanno forza di legge. Chi spara e chi fa carniere. Luigi Consonni inventa a Seveso la grande fiera cino-venatoria.
Ci sono usi e consuetudini che hanno forza di legge. Anzi, valgono ancor più perché mentre l’atto del bracconiere- sempre riprovevole- può non aver testimoni, queste si rivolgono alla coscienza di ciascuno e mirano ad evitare controversie. Si tratta di usanze antichissime e che nel Milanese ebbero vasto seguito. A loro anche la Camera di Commercio di Bergamo diede nobiltà di tradizione inserendole negli “usi agrari e commerciali” ed approvandoli con delibera n. 217 del 20 aprile 1951.
CAPO I
Caccia col cane
* Il cacciatore che col proprio cane da ferma ha levato un selvatico, anche se lo sbaglia, ha diritto di andarlo a ricercare nelle immediate vicinanze se il selvatico si rimette nello stesso campo senza essere disturbato da altro cacciatore.
* Un selvatico fatto frullare da un cacciatore e sbagliato, se passa a tiro di altro cacciatore messo in allarme dagli spari e se viene da costui abbattuto spetta a colui che lo ha ucciso.
* Quando un cane è in ferma, nessuno deve avvicinarlo se non è invitato dal proprietario del cane stesso, e tanto meno deve sparare al Selvatico anche se il cacciatore non lo coglie. Nel caso che un cacciatore si trovi vicino e spari dopo il proprietario del cane abbattendo il selvatico, questo spetta al proprietario dei cane che ha fermato l’animale, il quale dovrò però rimborsare le cartucce consumate.
*E’ scorrettezza grave dirigersi verso un selvatico appena rimesso, quando è stato levato da un cacciatore il quale si diriga verso la preda sfuggitagli.
*Quando un selvatico di passo si rimette ha il diritto di andarlo a scovare il cacciatore più vicino ai punto in cui quello si trova: se costui lo sbaglia e altro cacciatore lo uccide, il selvatico è dell’uccisore.
*Se il selvatico levato e sbagliato in un campo circondato da piante, e perciò ben delimitato, varca la linea di delimitazione e si posa in un campo vicino, può essere ricercato ed ucciso da altro cacciatore che si trova nel campo dove il selvatico si è posato.
* Non è corretto entrare in attitudine di caccia in un campo ben delimitato quando già vi si trova altre cacciatore senza essere da lui invitate a cacciare liberamente.
* Se viene abbattuto un selvatico nessuno si deve avvicinare a cercare l’animale se non invitato dal cacciatore che l’ha colpito: se l’animale viene raccolto da altri cani la preda spetta all’uccisore.
*E’ grave mancanza quella di sparare a selvatici fuori tiro o più lontani dalla posta di un altro cacciatore, allo scopo di farli fuggire e di togliere al medesimo ogni probabilità di sparo utile.
* Se un selvatico passa a volo a tiro di un cacciatore che lo ferisce in mode evidente ed un altro cacciatore vicino gli spara subito dopo e lo abbatte la preda spetta a colui che lo ha per prima colpito. il quale però dovrà rimborsare le cartucce all’altro cacciatore.
*Se un cane fa frullare alla ferma due selvatici ed entrambi vengono sbagliati dal padrone del cane mentre invece sono abbattuti da al:ro cacciatore che si trovi casualmente vicino, le prede saranno divise una per ciascuno col rimborso delle cartucce sparate.
*Coi cani da seguito, alla lepre scovata ed inseguita da segugi non deve venire sparato da estranei: se venisse uccisa, spetterà ai proprietari dei cani, che rimborseranno le cartucce.
*Se la lepre scovata con un cane da ferma e sbagliata dai cacciatore, viene uccisa da altri, spetta di diritto all’uccisore nel caso che l’uccisione sia avvenuta dopo che il cane ne aveva abbandonato l’inseguimento.
Se invece l’uccisione sia avvenuta mentre la lepre ha ancora alle calcagna il cane la lepre spetta ai proprietario del cane previo rimborso delle cartucce: atto generoso però del proprietario in quest’ultimo caso dividere la lepre con l’uccisore.
*Se una lepre viene levata senza cani, essa è di chi la uccide. Se però fosse stata gravemente ferita da altro cacciatore, essa viene divisa a metà.
*Un proverbio dice: L’usei al ga la cua, chi la ciapa l’è sua . Questo proverbio vale quando non si caccia col cane, di qualunque uccello si tratti,
a caccia di pernici. coturnici o galli, in montagna. è buona regola non entrare mai in una valletta dove ci sono altri cacciatori.
*Nella caccia alla beccaccia quando un cacciatore col cane ha sparato ad una di esse e l’ha sbagliata, ha il diritto di andarla a rilevare senza essere disturbato a qualunque distanza si sia riposata.
CAPO 11
Caccia o minata selvaggina
*Questa caccia vagante e libera deve pur essa esercitarsi con qualche riguardo. E cioè si devono rispettare quei cacciatori o quel cacciatore che sta inseguendo un gruppo di uccelli o sta battendo un ripa di piante.
* Nella caccia alle allodole alla borrita. se un cacciatore batte una piane o un colle, è bene che altro cacciatore lo rispetti e abbandoni la zona.
* Se uno caccia colla civetta o relativo giuoco altri cacciatori devono piantare il loro giuoco a non meno di duecento metri perché siano rispettati i cento che spettano ad ognuno.
* Sulle larghe e sul greto dei fiumi non di proprietà privata l’uso della buca vale per un giorno se si tratta di buca improvvisata: se invece si tratta di buca predisposta in precedenza e ben sistemata l’uso spetta a chi ne ha curata la preparazione in quanto la occupi.
CAPO III
Capanni
*Il capanno, quando non si tratta appostamento fisso che risponda ai requisiti voluti dalla legge, ha diritte a una zona cli rispetto di 100 metri. E’ quindi norma che un cacciatore ne3 costruire un nuovo capanno rispetti il diritto acquisito dal vicino che lo ha preceduto.
CAPO IV
Uccellagione
*Ogni uccellanda, qualunque ne il tipo, ha diritto ad una zona di rispetto di 300 metri. Ogni nuovo impianto deve quindi rispettare della distanza.
Nelle vicinanze di una uccellanda in esercizio si devono evitare rumori e disturbi di qualsiasi sorta. Non si devono lasciare liberi i cani né lasciare vagare incustoditi altri animali.

Qualche riga della nostra presenza

I cacciatori al 31 dicembre 1954 sono in Italia 787.938di cui 108.064 in Lombardia (24307 a Brescia; 23612 a Milano).

La Sezione provinciale (ne è presidente fino al 1957 Mario Spreafichi) continua ad essere il fulcro di tutte le iniziative: vi si incontrano i grandi della caccia, da Camillo Valentini ad Augusto Noghera, Ceroni Giacometti, Luciano Ferriani, Adelio Ponce de Leon, Oddo Carboni, Eligio Colombo di Magenta e tanti, tanti altri fra cui Arturo Fabbri e Giulio Colombo attorniato da illustri cinofili. Vi sono anche giovani speranze che diventeranno certezze, e tra questi Luigi Consonni di Seveso fondatore ed animatore della Settimana cino venatorio ornitologica, grande organizzatore di manifestazioni cinofile e di prove a grande cerca, Enrico Oddo vicepresidente ENCI e giudice cinofilo, Giovanni Radice presidente ENCI e FCI, Carlo Annibale Maggi e numerosi altri. Paolo Ciceri continua a conquistare successi nella selezione del bracco italiano, Gianni Puttini conduttore e addestratore si impone all’ammirazione degli autentici appassionati non solo in Italia.
La sezione comunale di Milano nel 1957 ha 11 410 soci la provinciale 23 474 di cui 975 ad Abbiategrasso, 1098 a Bollate, 1095 a Codogno, 664 a Lacchiarella,1015 a Legnano, 857 a Lodi, 862 a Magenta, 670 a Melegnano, 1168 a Melzo,1041 a Seregno, 1210 a Monza, 689 a Sesto.A Seveso nel giorno di Ferragosto viene organizzata la “Prima giornata venatoria” “la più ampia e incondizionata lode – scrive Caccia Nord Italia- va data per la perfetta organizzazione a tutti i componenti il Comitato esecutivo e dei servizi, Giurie ecc. ed in particolare al presidente della sezione cacciatori di Seveso Luigi Consonni”.
Fanno parte del Consiglio provinciale Federcaccia di Milano secondo Caccia Nord Italia, periodico della Federazione : “Rag. Natali Antonio. Presidente; avv. Gallino Camillo e Mario Spreafichi Vice Presidenti; Casalone Guglielmo Segretario. Consiglieri: Kreutzlin Umberto, Gilardi Carlo, Acerbi Carlo, Serra Luigi, Fabbri doti. Arturo. Colombo Eligio, Moro rag. Ercole, Berneri rag. Franco, Della Torre Livio, Colombo Mario. Bonomi Michele, Brambilla Oliviero. Balestri geom. Mario, Bobbiese Francesco, Bordoni Attilio, Carboni rag. Oddo, Colombo rag. Enrico, Masè ing. Luigi. Olivari Angelo, Pavesi Alfredo, Ponce de Leon avv. Adelio. Sono altresì stati ratificati come revisori dei conti Battaglia rag. Franco, Chiarotto rag. Cosimo, Sacchi rag. Carlo, Sindaci effettivi. Bassi rag. Stefano e Bianchi rag. Carlo, Sindaci supplenti.